UNA SOMMA DI PICCOLE COSE
di fra Francesco Chillari, Ofm
«22 Aprile. Un disco, una finestra, uno specchio, un nodo, un balsamo … Una somma di piccole cose»: con questa parole Niccolò Fabi annunciava l’uscita del suo nuovo album il 22 Aprile 2016, un disco che giunge dopo il grandissimo successo riscosso da Il padrone della festa, scritto e cantato insieme a Daniele Silvestri e Max Gazzé. Suonato integralmente dal solo Fabi, Una somma di piccole cose è la sintesi mirabile di un percorso musicale che da sempre è stato personale e anticonvenzionale, con testi e musiche sempre sopra le righe, che giungono a profondità ormai rare nel panorama della musica italiana e del tritacarne dei talenti show. Una finestra aperta sulla bellezza ancora convincente del mondo; uno specchio dentro cui scorgersi ancora possessori di delicate possibilità e solide opportunità; un nodo che unisce quello che siamo diventati e quello che ancora possiamo diventare; un balsamo che scende leggero e che dona battiti di speranza e di fiducia nell’uomo.
Una somma di piccole cose è un lavoro volutamente permeato da calda solitudine e viva malinconia, luminoso antidoto alla tristezza, come ha modo di dire lo stesso Fabi. «C'è chi, nei momenti di malinconia, ha bisogno di ascoltare gli AC/DC e chi vuole spingere fino in fondo quell'emozione per piangere, se necessario, per liberarsi», dice l’artista intervistato da Valentina Cesarini. Di fatto, il cantautore ha registrato tutto il disco da solo, in una casa di campagna a Campagnano, sulla Roma-Viterbo, totalmente immerso nella natura, in una interiorità abitata dalla riflessione sul mondo, sulla politica, sull’amore, sulla sofferenza, non soltanto mentale, ma anche corporale.
Nove canzoni che sopraggiungono come un sogno ad occhi aperti, realizzato attraverso parole e musica, pacificatori nel loro donarsi gratuitamente a un ascoltatore attento e desideroso di incontrare se stesso e la propria umanità anche dentro le note di un cantautore. «La salvezza in ogni grano di un rosario, ogni lettera del mio vocabolario. Scavalchiamo quei cancelli uno ad uno. Nelle cellule di un uomo il suo destino. Abbiamo due soluzioni: o un bell’asteroide e si riparte da zero o una somma di piccole cose» (Una somma di piccole cose): una somma di piccole cose per dire la vita nella sua essenzialità, nella sua dinamicità che è salvezza, nel suo umile donarsi quotidiano; una somma di piccole cose per ritornare a vivere la vita nella bellezza semplice di valori e sentimenti troppo spesso deturpati da una non sempre vera evoluzione. Un invito sussurrato a non sprecare il tempo, che non ci sarà restituito e che non ritornerà.
Il disco tocca anche delle punte di tenue e rispettosa denuncia, in Ha perso la città per esempio, dove uno sguardo limpido sulla ordinarietà spesso spietata delle città, porta il cantautore a dire che forse «ha perso la città; ha perso un sogno. Abbiamo perso il fiato per parlarci. Ha perso la città; ha perso la comunità. Abbiamo perso la voglia di aiutarci». Allora si potrebbe, forse, ritornare bambini, scanzonati e spensierati, e aggrapparsi ai “Facciamo finta” e riconoscere che nell’innocente gioco dell’immaginazione possiamo trovare soluzioni al disincanto o risposte a graffianti punti interrogativi, anche relativi al concetto ormai commercializzato dell’amore: «Facciamo finta che io sono un eroe e che posso volare e sconfiggere il male. Facciamo finta che tu sei diverso e che malgrado questo io non ti voglio ammazzare. Facciamo finta che posso schioccare le dita e in un istante scomparire, quando quello che ho davanti non mi piace, non è giusto o semplicemente mi fa star male» (Facciamo finta). Forse non cambieremo il finale della storia e forse neppure il modo di vivere la trama, ma se saremo uomini equiparati nella dignità, elemosinieri di speranza, rivoluzionari del bello, allora potremo ancora inseguire il sogno e abbracciare una speranza collettiva: «Vita che passi, vita che ti passo accanto, unico grande spettacolo senza una prova, ci si danna per cambiare la trama, di sicuro non si cambia il finale. Ma le grandi rivoluzioni fanno molta paura, come molta paura fa fare le grandi rivoluzioni: guerrieri, sacerdoti, operai, in fila per prendere il pane, in fila a chiedere il pane» (Non vale più) . Filosofia del ritorno, abbarbicata alla nostalgia dei giorni passati e di nuove insperate acquisizioni umane e sociali: «Verranno giorni limpidi come i primi di quest’anno; ritorneremo liberi come quelli che non sanno. Chiaro è che non vincerò contro i cumuli di memoria, ma il vento che li agita sarà l’ultimo ad arrendersi» (Filosofia agricola).
Arriviamo al centro esatto dell’album e chi ascolta realizza che ancora si può cantare l’amore senza scadere nella banalità, nella retorica, ma scendendo dentro la verità del sentimento: sofferto, sudato, tradito o anche rinnegato e con impensate opportunità di rivincita: «Non è più baci sotto il portone, non è più l’estasi del primo giorno; è una mano sugli occhi prima del sonno. È questo che sei per me» (Una mano sugli occhi). Ancora, l’amore dipinto come un sentimento puro, totale, l’amore verso un figlio, quell’amore in cui il cuore si riempie delle più grandi attenzioni, delle più immense dolcezze, del più sano trasporto: «Mano nella mano per non perdersi o restando indietro ad osservarti di nascosto. […] E poi disegno sopra un foglio col compasso un cerchio, che è lo spazio messo a tua disposizione e protezione, e poi lo strappo, perché il tuo posto è il centro, padrone del tuo tempo, padrone di te stesso» (Le chiavi di casa).
E se le cose non si mettono bene, se si inseguono sentieri spezzati, in cui ci perde, da soli o insieme, se la vita ti mette alla porta, questo è lo spazio per la lotta, per rilanciare la propria umanità verso l’alto, per riconquistarsi e per riconquistare: «Perché lasciar perdere tutto, dimmi perché? Fare finta di niente e chiudere gli occhi per dimenticare, per quale assurda ragione?». Per Niccolò Fabi vince chi lascia. Ritrovare se stessi mollando la presa e concentrarsi su stessi, sulla propria storia, sul proprio corpo, sulla propria ragione di vita, sul proprio presente. Ritrovarsi con l’intenzione di prendere coscienza della propria esistenza, con tutti i sensi: «Distendo le vene e apro piano le mani. Cerco di non trattenere più nulla. Lascio tutto fluire. L’aria dal naso arriva ai polmoni. Le palpitazioni tornano battiti. La testa torna al suo peso normale. La salvezza non si controlla. Vince chi molla» (Vince chi molla).
Una somma di piccole cose è un disco essenziale, in tutte le sfumature dei suoi tanti significati, un disco minimalista, ma intimo e avvolgente. Quaranta minuti di ascolto profondo. Quaranta minuti da concedersi per ascoltare davvero le note di una Bellezza esaltante.