LETTERA DI NATALE DEL MINISTRO GENERALE 2017
Dio si fa uomo affinché l’uomo possa diventare Dio
PDF: English – Español – Italiano – Français – Hrvatski – Polski – Português
Andiamo a Betlemme per vedere quello che è accaduto
Quest’anno la Custodia di Terra Santa ha celebrato 800 anni della sua fondazione. L’Ordine dei Frati minori non poteva ignorare questo evento che l’ha aperto alla missione. Ho voluto essere presente, io e il Vicario generale, in mezzo ai frati, perché il messaggio della Terra santa interpella ogni frate minore oggi. Il Verbo di Dio pose la sua tenda in mezzo agli uomini e si fece figlio dell’uomo per abituare l’uomo a comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell’uomo secondo la volontà del Padre. A Betlemme Dio ha preso un volto umano.
Verbum abbreviatum
San Francesco domandava ai frati predicatori di usare brevità di parola (Rb 9,4). Il motivo è questo: quia verbum abbreviatum fecit Dominus. Nei tempi passati Dio parlò molte volte e in vari modi per mezzo dei profeti. La sua parola si è prolungata per secoli. Ora invece parla per mezzo del Figlio, che è la sua parola breve. Questa parola si fa carne in Gesù e riassume in sé tutta la rivelazione: Dio è amore. Scrive un monaco cistercense, Guerrico d’Igny: “Egli è la parola condensata, in maniera tale che in essa si trova il compimento di ogni parola di salvezza, poiché egli è la parola che in se sé compie e sintetizza il piano di Dio. Non dobbiamo stupirci se la Parola ha riassunto per noi tutte le parole profetiche, vedendo che ha voluto ‘abbreviare’ e in qualche modo rimpicciolire se stessa”. Anche per San Francesco i frati minori devono annunciare la parola di Dio incarnata, il Verbum abbreviatum. Al rimpicciolirsi della parola di Dio corrisponde il farsi piccolo di Francesco e dei suoi fratelli: lo stile dell’annuncio francescano sarà quello del farsi minori, cioè più piccoli, come il Verbum abbreviatum.
L’Incarnazione di Cristo anche se Adamo non avesse peccato
Duns Scoto, discepolo di Francesco, a differenza di molti pensatori cristiani del suo tempo, ha difeso l’idea che il Figlio di Dio si sarebbe fatto uomo anche se l’umanità non avesse peccato. “Pensare che Dio avrebbe rinunciato a tale opera se Adamo non avesse peccato, – scrive Duns Scoto – sarebbe del tutto irragionevole! Dico dunque che la caduta non è stata la causa della predestinazione di Cristo, e che – anche se nessuno fosse caduto, né l’angelo né l’uomo – in questa ipotesi Cristo sarebbe stato ancora predestinato nella stessa maniera” (Reportata Parisiensia, in III Sent., d. 7, 4). Per Duns Scoto, un teologo ottimista, l’Incarnazione del Figlio di Dio è il compimento della creazione. Questa concezione cambia il nostro modo di guardare a tutta la creazione, che da Dio è elevata alla sua stessa altezza. Pensiamo quali conseguenze ha tale visione sulla sensibilità ecologica e sulla considerazione dell’ambiente, come cambia lo sguardo sul mondo e sulle relazioni sociali, in una prospettiva che il nostro Papa Francesco chiama di “ecologia integrale”.
Nato a Betlemme, terra di paradossi
Betlemme era la terra di Rut. Nei campi di Booz, Rut veniva a raccogliere le spighe lasciate cadere dai mietitori: essa attirò l’attenzione del padrone che se ne invaghì e la sposò, benché fosse una moabita, una straniera. Dal loro amore nacque Obed, che fu il padre di Iesse, il quale fu a sua volta il padre del re David. Nella genealogia del Re David e del figlio di David c’è una straniera, Rut la moabita.
Il profeta Michea aveva predetto che il Messia sarebbe uscito dall’umile villaggio di Betlemme e il profeta Isaia che sarebbe nato da una vergine (nella versione dei LXX Parthenos) della stirpe di David e da lei sarebbe stato chiamato Emmanuele, Dio con noi.
Nei campi di Booz dove Rut spigolava, dove David pascolava il suo gregge, il profeta Samuele venne a consacrare il re d’Israele. Lì i pastori di Betlemme che passavano la notte all’aperto per fare la guardia al gregge ricevettero il lieto annuncio della nascita di Cristo: “Oggi per voi è nato un Salvatore”.
L’imperatore Augusto comandava sul mondo con tutto il suo potere, e ordinava un censimento, mentre il Figlio di Dio non solo nasceva come tutti gli umani, nella fragilità e nella debolezza, ma nasceva come figlio sconosciuto, nella povertà di una grotta di Betlemme. L’angelo che portava la buona notizia non apparve nei palazzi dell’Herodium ai grandi di questo mondo, ma ai pastori disprezzati dai grandi.
Lo scandalo dell’incarnazione di Dio
Le profezie avevano preannunciato e acclamato il Messia, proprio alla sua nascita, come “bambino sulle cui spalle è il potere, il cui Nome è Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” ; e invece questo bambino apparve debole, nato in incognito. Una donna incinta partoriva un figlio in una grotta. Sicché nessuno se ne accorse, nessuno di quelli che contavano lo sapeva. Maria, la madre, dopo il parto lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia
Una nascita come tante, eppure era la nascita di un uomo che solo Dio ci poteva dare, un uomo che era la forma stessa di Dio (Fil 2,6), un uomo che era la Parola di Dio fatta carne. Da quel momento Dio non solo era presente in mezzo a noi, ma era uno di noi, umanità della nostra umanità, fratello di ogni umano.
Ecco il mistero che celebriamo a Natale: l’Altissimo si è fatto bassissimo, l’Eterno si è fatto mortale, l’Onnipotente si è fatto debole, il Santo si è fatto solidale con i peccatori, l’Invisibile si è fatto visibile. Dio si è fatto uomo in Gesù, il figlio di Maria. Questo evento ha prodotto la crisi di ogni relazione nella quale Dio è Dio e l’uomo è un uomo, perché la trascendenza li separava. Con il Natale l’umanità è in Dio e Dio è nell’umanità, e non è più possibile dire e pensare Dio senza dire e pensare l’uomo. Quel bambino dalla nascita fino alla morte racconterà Dio con la sua vita, le sue parole, il suo comportamento, con il suo corpo offerto e consegnato in mano ai malfattori.
Dopo San Bernardo, Francesco insisteva sull’umanità di Gesù e la sua incarnazione. Questo è un elemento essenziale del carisma francescano. Dopo questa nascita del Dio-uomo, esiste prima l’uomo e non il sabato, esiste prima l’uomo e non la legge, prima di adorare Dio a Gerusalemme lo si adora in Spirito e verità.
Di questa rivelazione si fanno ministri gli angeli, prima l’angelo che apparve ai pastori, poi le schiere degli angeli – i 70 angeli delle nazioni, secondo Origene – che lodano Dio e riconoscono la sua gloria. Proprio quei pastori, ritenuti ultimi nella società di Israele, perché nel deserto non osservavano le leggi di purità, erano i primi destinatari del Vangelo. A loro l’angelo del Signore annuncia la buona notizia dell’oggi di Dio.
Dio si fa uomo affinché l’uomo possa diventare Dio
L’uomo è chiamato ad essere divinizzato, a essere trasfigurato, a ritrovare il suo vestito di luce. A scoprire nella semplicità di un neonato avvolto in fasce il Figlio di Dio: questa realtà umile deve farci aprire gli occhi.
Questa è la nostra fede umanissima: nella povertà di Betlemme la vita si è manifestata e furono i poveri ad accoglierla. Una parola attribuita ai padri della chiesa diceva: “Hai visto il tuo fratello, hai visto il tuo Dio”. Perché Dio ormai si vede, si incontra, si riconosce, si ama, si adora nell’uomo e nella donna che ogni giorno incontriamo. La divinizzazione diventa possibile quando ogni cristiano si avvicina alla mensa del pane eucaristico e Betlemme diventa per lui la “casa del pane” (questa è l’etimologia ebraica di Betlehem”).
La terra ha dato il suo frutto
Natale significa che Cristo vuole nascere nel cuore dei credenti. Angelo Silesio, un mistico dei Paesi Bassi, faceva osservare: “Nascesse Cristo mille volte in Betlemme, se non nasce in te, sei perduto in eterno”. Un cistercense medievale aggiunge: “Cristo non è ancora nato tutto. Egli nasce ogni volta che un uomo diventa cristiano”.
Francesco d’Assisi commenta nella sua prima Ammonizione: “ogni giorno egli si umilia (Fil 2,8), come quando dalle sedi regali (Sap 18,15) scese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in umili apparenze; ogni giorno discende dal seno del Padre (Gv 1,18; 6,38) sull’altare nelle mani del sacerdote”. Cristo nasce sull’altare ogni volta che il sacerdote celebra l’eucaristia.
Francesco mette in parallelo il Natale e l’eucaristia, tanto che a Greccio, dove egli ricrea la grotta di Betlemme, egli non vuole statue, ma la celebrazione dell’eucaristia sulla mangiatoia, perché lì il Signore “viene a noi in umili apparenze”. Ricordiamocelo, fratelli, quando parteciperemo alla messa nella notte di Natale, e riconosciamo la venuta del Signore.
La luce brilla nelle nostre tenebre
Ignazio di Antiochia spiega ai cristiani di Efeso il simbolo della luce che brilla nelle nostre tenebre: “Una stella brillò nel cielo più fulgida di tutte le altre, il suo splendore era indescrivibile e la sua novità fece stupire. E ci fu un grande turbamento: donde mai venisse questa nuova stella cosi diversa dalle altre. Da questo giorno fu sciolta ogni magia, fu spezzato ogni vincolo di perversità, si dissipò l’ignoranza, l’antico regno di Satana crollò, poiché Dio era apparso in forma d’uomo, per realizzare l’ordine nuovo che è la vita eterna”.
Oggi, nel mondo globalizzato nel quale viviamo, essere figlio della luce esige un grande coraggio e talvolta siamo tentati dallo scoraggiamento. Ma la sua luce continua a splendere, mite e silenziosa.
Oggi, nel mondo liquido che è il nostro, siamo invitati a ritrovare la roccia della Parola di Dio che si è incarnata in Gesù. Egli offre a noi un appoggio saldo e sicuro, che dona forza e pace alla nostra vita.
La primavera araba aveva acceso un po’ di speranza in Oriente, speranza che fu rapidamente delusa. Il Natale, che ci parla di una luce che sorge, di una stella che splende nel cielo, ci permette di ricominciare a sperare. Natale, nella società del consumo, ci parla del Verbo che si fa piccolo, che sceglie per sé la sobrietà e la piccolezza, e ci ricorda che la felicità non sta nel possedere o nell’espandersi, ma nel farsi piccoli per servire i fratelli. Natale fa rinascere la speranza cristiana e toglie la paura del futuro.
“Rendiamo grazie a Dio Padre per mezzo del suo Figlio nello Spirito santo, perché nella sua misericordia ha avuto pietà di noi, e mentre eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatto rivivere con Cristo perché fossimo in lui creature nuove, nuove opere delle sue mani” scriveva Leone Magno.
Buon Natale. Che il Figlio della Vergine Maria riempia i vostri cuori di gioia.
Roma, 29 Novembre 2017
Solennità di tutti i Santi francescani
Fr. Michael A. Perry, OFM
Ministro generale e Servo